news
Native Advertising, quando la pubblicità diventa un contenuto utile
-
16/10/2018
-
2 minuti di lettura
Native advertising: la fine del giornalismo credibile?
Le stime del Politecnico di Milano parlano chiaro. Nel 2015 il Native Advertising ha generato investimenti per oltre un milione di euro. Una cifra di tutto rispetto che impone agli operatori del settore di fare il punto sui famosi branded content, considerati da una larga fetta di giornalisti come la morte dell'editoria. Non è trascorso molto tempo infatti dal monito di Ferruccio de Bortoli che, lasciando la direzione del Corriere della Sera, ha voluto mettere in guardia i colleghi da un pericolo imminente. La cosiddetta pubblicità nativa, i contenuti sponsorizzati, è "una delle morti possibili del giornalismo", ha tuonato de Bortoli. Un monito forte che ha lasciato aperti numerosi spunti di riflessione.
Perché scegliere il Native Advertising
La pubblicità nativa regala alle aziende il 9% in più di CTR, soprattutto in relazione all'utilizzo di tablet e telefoni cellulari. In media gli utenti trascorrono circa 90 ore al mese incollati al proprio telefonino, rimbalzando di contenuto in contenuto, leggendo e acquistando prodotti e servizi. Secondo una recente stima il Native Advertising rappresenterà entro il 2021 il 63% delle entrate pubblicitarie. Un dato molto importante soprattutto se rapportato a quella larga fetta di imprenditori (circa il 46% secondo Adweek) che si dichiarano insoddisfatti dei loro sforzi sui social media, soprattutto dopo il cambio all'algoritmo di Facebook. Secondo gli addetti del settore è necessario cercare canali innovativi e di qualità per essere al passo con i propri competitors. La pubblicità nativa sembra rispondere in pieno a questa esigenza.
La maggior parte degli utenti inoltre preferisce annunci personalizzati in base ai propri interessi e abitudini di acquisto. La pubblicità nativa comporta quindi un altro innegabile vantaggio: apporre un target su qualsiasi aspetto, da quello contestuale, a quello demografico, al puro e semplice intento del cliente. I marketers lo sanno bene, il target personalizzato è una chiave formidabile per conquistare nuovi clienti. Infine, un aspetto puramente tecnico. Secondo Pecherskiy, co-fondatore di StackAdapt, il Native Advertising, nel momento in cui offre una percentuale di clic più elevata, determina una riduzione sensibile del Cost Per Click, a parità di conversion rate.
Content is King?
Il famoso mantra di Bill Gates in realtà non rispecchia il volto reale della Native Advertising. Il contenuto conta ma non basta. Il committente richiede un servizio qualificato che sappia attingere da fonti diverse ma complementari. Accanto a grafiche accattivanti, a soluzioni creative, al giornalista accreditato è necessario affiancare copywriter qualificati in grado di stabilire un confine netto e tangibile nella pubblicità creativa, un confine che la sola attività giornalistica non è in grado di garantire. Lo sdoganamento è iniziato e sono sempre più le testate editoriali, anche nel nostro Paese, ad affermare che in realtà non c'è nulla di così scandaloso nel produrre contenuti sponsorizzati. Questo trend è confermato dalla nascita di realtà specifiche come ad esempio la famosa Numix, agenzia del gruppo RCS, specializzata nell'elaborazione di soluzioni complementari di consumer engagement.
È proprio in quest'ottica innovativa che MelaScrivi ha creato MelaPromuovi, il servizio che ti permette di portare su siti Web di primo livello infografiche, articoli o video. Mentre il lettore è impegnato in una lettura di suo interesse gli verrà suggerito, in modo naturale, il tuo contenuto come approfondimento. Vuoi dare una spinta al tuo business? Scegli MelaPromuovi!
Autore: Monica P.